La gente mi critica perché non voto (dal 1992) e in genere conclude la reprimenda nei miei confronti con l’ammonizione più vieta e retriva di ogni tempo: gli assenti hanno sempre torto.
Sarò anche assente, ma dubito di avere torto. Sarà perché ogni volta che assisto a una inefficienza amministrativa, a una stortura del sistema, a una palese ingiustizia, mi viene in mente quello che direbbe un inglese, o un americano, nella stessa situazione: scriverò al mio deputato. Provate a farlo in Italia.
E poi è più forte di me: la politica non è il mio mestiere e non lo trovo nemmeno divertente, quindi non voto.
Comunque, in genere, non tento nemmeno di spiegare le ragioni della mia scelta. Anche perché sarebbe difficile spiegare che, ad esempio, nel corso della mia (breve) esperienza istituzionale e gestionale ho visto più di una volta – personalmente e da vicino – deputati e senatori fare finta di accapigliarsi su grandi questioni di principio (dalla libertà di ricerca al diritto alla salute) e poi, quando suonava la campanella del pranzo, scendere giù in strada dallo stesso ristoratore, allo stesso tavolo, a spartirsi lo stesso menù.
Oppure che ho visto troppe volte – indirettamente e da lontano – gli inciuci tipici della politica italiana, di cui l’ultimo è quello dell’annunciato governo Lega-PD-Cinque Stelle in nome dell’Europa unita. Con buona pace del popolo sovrano.
E per fortuna che il Salvatore della Patria, l’Uomo venuto dallo Spazio, il Deus ex Machina, e chi più ne ha più ne metta, era un tecnico: figuratevi se era un politico smaliziato …