Il poliziotto che, durante la manifestazione a Montecitorio contro le misure anti-Covid, si toglie il casco per “solidarizzare” con i dimostranti (almeno secondo quanto riportano i media, perché nessuno sa cosa si siano detti in realtà) potrebbe ricordare a qualcuno i versi scritti da Pasolini nel giugno del 1968, dopo gli scontri di Valle Giulia a Roma tra studenti e polizia.
Allora, Pasolini criticava gli studenti, “figli di papà”, e si schierava dalla parte dei poliziotti, “figli di poveri … provenienti da subtopie contadine o urbane …”, invitando i primi a scegliere bersagli migliori e diversi (“Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!”).
Se negli scontri di Valle Giulia Pasolini vedeva “un frammento di lotta di classe”, che contrapponeva ai poliziotti “poveri” gli studenti “ricchi” – figli di quei “magistrati e professionisti” che avrebbero dovuto contestare – il gesto dell’ignoto poliziotto a Montecitorio potrebbe far pensare ad una pacificazione sociale, atteso tra l’altro che i ristoratori di oggi sicuramente non hanno “l’aspirazione al potere” che Pasolini rinfacciava agli studenti di ieri e che i poliziotti del 2021 hanno smesso certamente di sentirsi “umiliati dalla perdita della qualità di uomini, per quella di poliziotti”.
A distanza di cinquant’anni, dunque, il cerchio si chiude? Sarà. Ma togliersi il casco non vuol dire levarsi il cappello. E la (presunta) solidarietà, se offerta dopo il manganello, potrebbe ricordare a qualcuno, più che Pasolini, il bastone e la carota.
Un’ultima osservazione: tra i manifestanti c’era anche Enrico Montesano, che già in passato in piazza di Montecitorio aveva contestato le misure anti-Covid, sottolineandone con forza, e a ragione, la loro incostituzionalità.
Che spetti agli attori (dal latino “agere”, e dunque a coloro che fanno, a coloro che agiscono) il merito di dire le cose che tecnocrati e politici, magistrati e giuristi, docenti e scienziati non hanno il coraggio di dire?