Mentre attiviste dai capelli fluenti e dalla lacrima facile convincono il Ministro dell’ambiente a commuoversi in diretta per le loro “ecoansie” – che qualche misogino insensibile ha già sfrontatamente definito “ecopippe” – lo stesso Ministro, insieme a quello della Salute e a quello del “Made in Italy” (ma dove si è mai sentito un ministero dal nome più farlocco?), dovrebbe riuscire con un colpo di mano, nel corso della prossima settimana, a far innalzare le soglie di tolleranza dell’inquinamento elettromagnetico ammesse in via normativa.
Anche se le attiviste di cui sopra si disinteressano completamente del problema – tutte prese a calcolare se immette più CO2 nell’atmosfera una scureggia di vacca sulle Alpi o l’ILVA di Taranto – non stiamo parlando di bruscolini, bensì di fonti di inquinamento dagli effetti del tutto sconosciuti sulla fisiologia e la salute umana (e forse per questo volutamente inesplorati), nonché di soglie di tolleranza elevate a livelli fino a 30 volte superiori a quelli ammessi dall’attuale normativa.
Ma tant’è. Del resto è evidente che dietro la diffusione del 5G – al di là del fatturato delle corporation, che per molti costituisce il primo e purtroppo l’unico livello di consapevolezza critica – c’è in ballo la diffusione e il consolidamento degli strumenti di controllo digitalizzato della vita quotidiana dei cittadini, sdoganati dall’odioso Green Pass collegato alla scellerata campagna “vaccinale” anti-Covid.
E quindi non possiamo stupirci se anche questo governo, al di là delle dichiarazioni di pura facciata, si allinei ai suoi predecessori.
Semmai c’è da stupirsi che gli attivisti di oggi, in gran parte teleguidati col joystick dalle stesse corporation di cui sopra, non abbiano ancora steso una compiacente cortina di fumo anche su questo problema, di cui non parla nessuno.