Che il paziente zero del Coronavirus sia la globalizzazione, come qualcuno ha scritto in questi giorni sui muri di Roma, è talmente ovvio da risultare, per qualcuno, pleonastico. Mi chiedo, però, se a tutti risulti ovvio chi o cosa si celi dietro la globalizzazione e chi o cosa, dunque, sia realmente il paziente zero di questa epidemia, che sicuramente è grave e che altrettanto sicuramente è destinata a modificare le abitudini quotidiane di ognuno di noi.
La risposta alla prima domanda non è in sé complicata: è ormai chiaro a tutti che dietro la globalizzazione si celano gli interessi delle corporazioni finanziarie internazionali e delle entità che di queste corporazioni costituiscono espressione organizzata, e cioè il WTO (insieme ovviamente al FMI e alla BM) sul piano universale e l’UE sul piano europeo. Se questo è vero, come è vero, anche la risposta alla seconda domanda è, o almeno dovrebbe essere, scontata: il paziente zero del Coronavirus è, per quanto ci riguarda più da vicino, l’UE.
Ma è qui che cominciano i problemi. Dopo vent’anni di Euro e di progressivo lavaggio del cervello sull’intangibilità e la santità del feticcio Europa, mi chiedo quante siano le persone disposte ad accettare una verità così elementare da risultare poco credibile e, comunque, scomoda.
Mi chiedo, in altri termini, se i nati negli anni Trenta o Quaranta che ricordano con orrore le devastazioni prodotte dalla seconda guerra mondiale e le privazioni della ricostruzione post-bellica, e che guardano all’Unione europea come tempio di pace e di prosperità, abbiano la minima idea del fatto che la ragion d’essere e l’obiettivo prioritario della totalità delle politiche europee non è la salvaguardia della sicurezza, della salute o dell’ambiente, ma il sostegno incondizionato alla filiera tecnologia-industria-mercato.
Mi chiedo altresì se in nati negli anni Cinquanta o Sessanta, orgogliosi di mandare i loro figli in giro per l’Europa grazie al programma Erasmus, si rendano conto che proprio l’UE, con le sue bandiere e i suoi proclami, è tra i principali responsabili di quel livellamento di gusti, mode, tendenze, stili di vita, formazione, valori e identità che costituisce l’indispensabile premessa per l’accettazione acritica di ogni messaggio liberista e globalizzante.
Mi chiedo, ancora, perché tanti giovani e meno giovani con cui interagisco ogni giorno continuino a guardare all’azione dell’UE come ad una sorta di cassa di compensazione tra Stati del Nord e Stati del Sud Europa, quando dovrebbe essere ben chiaro a tutti non solo che i divari di sviluppo esistenti tra gli Stati europei sono acuiti, e non colmati, dall’Unione (si chiama effetto di polarizzazione ed è studiato fin dagli anni Ottanta), ma che l’Unione stessa ha altro a cui pensare, essendo pilotata dalle lobby finanziarie internazionali che ieri hanno messo in ginocchio la Grecia e che domani metteranno in ginocchio l’Italia (o la Francia o, un po’ più in là, ma è solo questione di tempo, la Germania).
Mi chiedo inoltre quanti ricordino che le politiche europee degli aiuti di Stato, della concorrenza e delle “privatizzazioni” hanno azzerato la presenza dello Stato nell’economia (e cioè, in Italia, il sistema delle partecipazioni statali, che era finalizzato, pur con il suo apparato di sprechi e distorsioni, ad assicurare servizi pubblici essenziali a condizioni di parità e a costi ragionevoli) e hanno aperto la strada a oligopoli privati che piegano costantemente ai propri interessi il diritto nazionale ed europeo e che si fanno beffe dei diritti, della sicurezza e della “privacy” del consumatore.
Mi chiedo quanti sappiano che, al di là dei messaggi di facciata, sono proprio le norme europee che ci impongono di consumare prodotti alimentari potenzialmente rischiosi, che pretendono di salvaguardare l’ambiente intervenendo ex post (si chiama “principio chi inquina paga” e potete immaginare quanto sia efficace), che – “normalizzando” ogni aspetto della vita quotidiana – annullano qualsiasi forma di autonomia, a cominciare da quella culturale.
Mi chiedo, infine, se qualcuno stia realizzando in questi giorni che l’intero apparato di norme introdotte sulla scorta dell’emergenza sanitaria Coronavirus è destinato ad avere effetti di lungo periodo sulle libertà personali dei cittadini europei. Con la benedizione dell’UE, che in questa vicenda, per il momento, risulta essere la grande assente.
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