Ho fatto un giro in Ciociaria, nell’entroterra del Lazio; posti meravigliosi, natura che a tratti ancora resiste alle violenze dell’urbanizzazione e delle speculazioni selvagge pateticamente mascherate da “zone industriali” o artigianali, che stuprano campagne destinate a essere immolate sull’altare del progresso.
Espressione, quest’ultima, un po’ vaga, che tuttavia trova una precisa declinazione nel Paese che si permette di trasformare in cemento 100.000 ettari l’anno di territorio: e cioè, prima di ogni altra cosa, appalti, tangenti, mazzette, riciclaggio di danaro sporco, voti di scambio, eccetera eccetera.
Ho visitato un piccolo borgo che nel silenzio in cui vive porta con sé ancora gioielli di arte, di cultura e di tradizione. Sono entrato in un forno che produce dolci deliziosi in 7mq, in una salsamenteria che propone miele, marmellate, carne essiccata e porchetta prodotti nell’azienda di famiglia, storicamente integrata con il territorio, l’ambiente e il paesaggio. Le persone che vivono nel paese decorano i balconi con i fiori, i passanti sono gentili e disponibili, il bar che si trova sotto il castello prepara i tavolini con cura, con una gradevole musica di sottofondo, di fronte a una vista panoramica mozzafiato.
Parlando con i negozianti e la gente in genere è venuto a galla un solo e unico tormento: bollette alle stelle, tasse, dirottamento dell’economia e dei flussi finanziari verso i feticci della globalizzazione, ossia centri commerciali, marchi globali, eccetera. E la consapevolezza della quasi totale assenza di sostegno da parte della politica, e dei politici, con buona pace di quei sindaci che resistono, che spendono anima e corpo per tirare su queste piccole bomboniere.
Ma se tutto ciò accade è anche colpa nostra, o meglio di quanti tra noi si crogiolano nell’idea che, grazie alle rutilanti meraviglie del progresso tecnologico, possono comprare online, e a metà prezzo, gli stessi dolci, lo stesso miele, la stessa marmellata di quelli prodotti nel piccolo borgo ciociaro.
Se invece di nascondersi dietro slogan buonisti e globalisti queste persone cominciassero ad andarci, nel piccolo borgo ciociaro, e a conoscere o riconoscere i paesaggi, il territorio, la musica, il cibo, la calma, la quiete e la voglia di perdere tempo in un’Italia che esiste e resiste ancora, in posti diversi da quelli che si chiamano Drink and Food, Lunch and Spritz, Food and Wine e altre minchionerie del genere…
Chissà se la voglia di essere “al passo con i tempi”, tanto per citare uno degli slogan fessi di cui sopra, ci salverà dall’estinzione.