“Se le risorse sono scarse, scegliere chi curare”, dice il ministro nella sua bozza di Piano pandemico 2021-2023. Con questo sussulto di onnipotenza, il ministro della salute (della salute, si badi, non dell’economia o, che so, della difesa), manda in pensione un fondamentale principio di bioetica, e cioè il principio dell’equo accesso alle risorse sanitarie.
Non una voce si leva a controbattere le dichiarazioni del ministro, accolte dal compiacimento (appena dissimulato) delle forze liberiste. Del resto, il Covid ha messo la questione in termini molto semplici: chi non sta dalla parte della medicina (leggi: dalla parte degli interessi tecnologici, finanziari, politici, industriali e commerciali che ruotano intorno alla gestione delle pandemie presenti e, perché no?, di quelle future) è fuori dal consesso civile.
Chi non si allinea al pensiero scientifico dominante (e cioè quello delle baronie accademiche che controllano tanto le riviste medico-scientifiche quanto i salotti televisivi), è fuori. Chi pretende di fare ricerca, e magari sviluppare terapie alternative al vaccino, è fuori. Chi invoca maggiori cautele e precauzioni, in nome di una governance della scienza che vada incontro alle sollecitazioni della società civile, è fuori. Chi contesta le strategie anti-Covid, è fuori (magari in attesa di poterlo sbattere “dentro”, finalmente!). E chi, più in generale, non si allinea, è fuori, anche dalle terapie: uomo avvisato…
Perché, nel caso non fosse chiaro, il Covid ha aperto la gabbia del mostro. Chi deciderà se le risorse sono scarse? Chi sceglierà chi curare e chi no? Chi deciderà quali terapie utilizzare? Chi stabilità, in ultima analisi, cosa debba intendersi per “terapia”?
Nel 1997 venne adottata la Convenzione di Oviedo sulla biomedicina, che (ri)metteva in discussione – per la prima volta dai tempi di “Nemesi medica” di Ivan Illich – il ruolo sociale della medicina. La Convenzione, in particolare, affermava l’obiettivo di salvaguardare i diritti e l’integrità psico-fisica dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della medicina e della biologia, sancendo il principio del primato dell’uomo sugli interessi della scienza e della società (art. 2 della Convenzione).
Questa convenzione, anche detta (impropriamente) Convenzione di Bioetica, non se la ricorda proprio più nessuno, se anche il Comitato Nazionale per la Bioetica, nel suo recente documento sul vaccino anti-Covid, saluta con favore l’obbligatorietà del vaccino stesso senza neppure ricordare ai sempre più scarsi – e annoiati – lettori dei suoi documenti che l’art. 32 della Costituzione stabilisce: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Quel “rispetto della persona umana” di cui parlava, appunto, la Convenzione di Oviedo.
Ma poi, in fondo, perché stupirsi? Se si sono estinti i dinosauri, non può estinguersi anche l’uomo?