Alla notizia della sentenza della Corte Costituzionale sugli obblighi vaccinali ho stappato l’ultima bottiglia di nonno che tenevo in serbo per le grandi occasioni. Sto gustandolo ora, mentre scrivo questo post.
Avevo vaticinato questo responso nell’agosto 2021, a un incontro di medici e giuristi che ancora discettavano di sanità, diritto e giustizia, gelando i presenti con la mia affermazione categorica che non si aspettassero nulla dai tribunali italiani, neppure da quelli apicali – Corte di Cassazione e Corte Costituzionale – quando sarebbero eventualmente intervenuti sul tema degli obblighi vaccinali perché questo Leviatano, stavolta, non si sarebbe fermato davanti a niente e nessuno.
Non brindo però all’esattezza del pronostico, perché fare la Cassandra è sempre fonte di sofferenza. Brindo invece alla fine del mondo conosciuto. Era un mondo assolutamente imperfetto, anzi era forse il peggiore dei mondi possibili.
Ma in quel mondo, tutto andava davvero per il meglio per noi spiriti liberi e liberi pensatori, perché riuscivamo a sfruttare le sue magagne a nostro vantaggio. Restare nel sistema senza essere sopraffatti dal sistema – anzi utilizzando contro di esso gli spazi di manovra, magari ridotti, che ci restavano per coltivare la nostra insopprimibile libertà – era un quotidiano esercizio raffinato, e persino divertente, di lotta ed equilibrismo, un po’ come la volpe che lascia i segugi con un palmo di naso.
Ecco, questa sentenza oggi ci dice che nel nuovo mondo quegli spazi non ci saranno più. E se non subito, scompariranno sicuramente alla “prossima pandemia”, già vaticinata e preparata a tavolino per il 2025 dai guru del neo-scientismo: andatevi a leggere il documento del The Johns Hopkins Center for Health Security intitolato “The Spars Pandemic. 2025-2028. A Futuristic Scenario for Public Health Risk Communicators”. Una lettura, questa sì, davvero illuminante.
A quel punto, nessuno spirito libero avrà un luogo ove nascondersi.
Verranno a cercarci tutti. E ci troveranno, dal primo all’ultimo, grazie anche alle nuove tecnologie digitali di controllo massivo spacciate per l’ennesima meraviglia del progresso.
Brindo allora, celebrando degnamente – ossia affogandola nell’alcool – la sconfitta della possibilità di continuare a nascondermi, fottendo quel sistema.
Non sentire più parlare di Qui-Gon Jinn. Assumo un’altra identità, finché non mi scoveranno.