E’ un classico del brivido hollywoodiano che se Tizio accusa Caio di complottismo, Tizio o è l’autore del complotto o è con questi colluso. Calandoci nella realtà nostrana, potrebbe anche darsi che Tizio sia semplicemente un ignorante, nel senso che ignora l’argomento di cui si parla e, vuoi per pavidità vuoi per mancanza di risorse culturali e intellettuali vuoi per borghese “benpensantismo” vuoi per laissez-faire, si adagia sulle posizioni accreditate nei salotti buoni, primi tra tutti quelli mediatici (dove è la visibilità a costituire fonte di autorevolezza, e non viceversa).
Si crea così una spirale viziosa: il vero complottista, nell’accusare di complottismo chi cerca di esaminare i fatti districandosi tra le cortine di fumo create ad arte per occultare il complotto, sa di poter contare sull’interessata complicità del colluso e sulla prudente acquiescenza dell’ignorante. Se volessimo rappresentare percentualmente le categorie suddette potremmo azzardare, con una certa approssimazione: veri complottisti, 1%; anti-complottisti (accusati di complottismo), 10%; collusi, 30%; ignoranti, tutti gli altri. Ciò che permetterebbe comunque di ritenere che le verità “scomode” non siano ignote, per un verso o per l’altro, a circa la metà della popolazione di riferimento.
Questo meccanismo è perfettamente rodato nella società post-industriale contemporanea, dove le lobby finanziarie (e non solo) controllano e accreditano i circuiti produttivi, comunicativi e scientifico-accademici mediante una congerie di strumenti essenzialmente basati sulla cooptazione e sull’autoreferenzialità, allo scopo di subornare alle proprie strategie le politiche normative delle organizzazioni internazionali a vocazione economico-commerciale (Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio, Unione Europea) e ciò che resta delle sovranità nazionali. Tanto per fare un esempio: se una multinazionale volesse controllare i mercati di – che so, dico a caso – 27 Stati, preferirebbe dover controllare 27 diversi governi nazionali o, in alternativa, sponsorizzare 1 solo super-governo che standardizzi gusti, mode, tendenze, stili, culture, valori, verità e identità dei 27 predetti? Per chi non l’avesse ancora capito, questa è proprio la funzione dell’attuale Unione europea.
E ora passiamo ad un esempio d’attualità. Infuria la polemica sulle modalità di gestione del post-emergenza Coronavirus, che sembrano intrecciarsi intorno allo snodo della limitazione delle libertà personali. Come altro definire, infatti, un sistema di tracciabilità degli spostamenti che, se anche fosse “volontario” (come qualche quotidiano si affanna a ripetere), sarebbe comunque “ricattatorio”, nel senso di subordinare all’adesione al sistema medesimo l’esercizio di diritti e libertà considerati da tempo acquisiti? Eppure, pochissimi si alzano in piedi per evidenziare e rilanciare un rischio (quello del controllo a distanza del corpo e della mente) noto da tempo a tutti quelli che leggevano, e leggono, i racconti di fantascienza pubblicati fin dagli anni Quaranta.
E quei pochi che si alzano in piedi sono immediatamente tacciati di complottismo. Come? Ecco il metodo: arriva in tv il solito “scienziato” di turno, lobbisticamente introdotto, politicamente targato, mediaticamente accreditato, che dice: no, non è possibile che il fenomeno X sia stato originato dal fattore Y, chi lo sostiene è un complottista. Al che non dico tutti (perché la gran parte del pubblico è ormai da tempo rintronata dai media e dalla tecnologia), ma almeno una piccola parte degli ascoltatori si chiede: adesso questo po’ po’ di scienziato ci dirà finalmente da cosa è stato originato il fenomeno X. Invece no, lo scienziato di turno ha finito di parlare, né il presentatore di turno si spinge a fargli la “seconda domanda” tanto cara al giornalismo d’inchiesta anglosassone. Basta, finito. Lo “scienziato” ha sentenziato, ha stabilito che X e Y non sono collegati, non ha prodotto uno straccio di prova scientifica a sfavore di Y (e neanche a favore o a sfavore di W, Z o K), ma chi sosteneva il collegamento tra X e Y passa immediatamente e inevitabilmente per complottista, e cioè ciarlatano, santone o visionario.
Pensate al Coronavirus: un Premio Nobel straniero dice che il virus è stato creato in laboratorio (aprendo con ciò scenari ben più complessi e inquietanti di quelli finora prospettati) e subito gli “scienziati” e i media italiani si affannano a sostenere che quel Nobel ormai è invecchiato, non ci sta più con la testa, è diventato omeopata e forse anche qualcos’altro.
Può darsi che siano maturi i tempi per passare, più che alla “fase 2”, direttamente alla “fase 3”. A voi la scelta dei contenuti.
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