Intervenendo a proposito dell’ennesimo episodio di caccia selvaggia al cinghiale in città, il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha difeso la normativa che legittima l’uso idiota e criminale delle armi in città da parte di quattro gaglioffi che si spacciano per cacciatori chiamando in causa la scienza: “Ci basiamo su dati scientifici”, avrebbe detto il rappresentante del governo.
Tutti conoscono ormai le cause e gli effetti del fenomeno cinghiali: l’immissione volontaria sul territorio nazionale di ungulati appartenenti a specie più prolifiche di quelle autoctone allo scopo precipuo di soddisfare gli appetiti venatori dei gaglioffi di cui sopra; la conseguente sovrappopolazione e diffusione a macchia d’olio dei cinghiali in aree diverse da quelle “naturali” (aree, queste ultime, che costituiscono la componente sempre più esigua di un Paese che trasforma in cemento 100.000 ettari di territorio ogni anno); le crescenti richieste di sostegno finanziario da parte di una agricoltura malata, che vede nella “minaccia dei cinghiali”, connessa a sua volta alla “minaccia dei lupi”, una nuova occasione di assistenzialismo a buon mercato di controverse esigenze produttive; non ultimo, l’idea strisciante del giocattolino post-Covid con cui far trastullare e distrarre una fetta cospicua di popolazione (cacciatori e relative associazioni, agricoltori e relative associazioni, ambientalisti e relative associazioni, ecc.).
E tutti sanno ormai che non può essere la caccia la soluzione del problema: prima di tutto perché ne è la causa; e in secondo luogo perché i dati scientifici citati dal Ministro sembrano dimostrare, semmai, che la caccia indiscriminata, oltre ad attentare concretamente alla vita dei cittadini, contribuisce all’ulteriore proliferazione dei cinghiali.
Peraltro, il Ministro in parola è lo stesso che qualche tempo fa si è apertamente schierato contro l’immissione in commercio di carne sintetica (“Mai carne sintetica in Italia!”: Repubblica del 17 novembre 2022), ma che, curiosamente, non ha speso una parola contro l’immissione in commercio di prodotti alimentari costituiti da o contenenti insetti. Anzi, a proposito del tema clou del momento, il Ministro si è limitato ad affermare apoditticamente “Non credo che gli insetti faranno concorrenza alla dieta mediterranea” e pilatescamente “La cosa importante è che i cittadini siano informati … perché ognuno è libero di decidere quello che mangia” (Ansa del 25 gennaio 2023).
Le posizioni del Ministro hanno, probabilmente, numerose e diverse motivazioni, una delle quali potrebbe essere collegata alla maggiore rilevanza economica degli interessi che ruotano intorno alla zootecnia (carne naturale versus carne sintetica) rispetto all’agricoltura (farine naturali versus farine di insetti); e un’altra potrebbe essere collegata al fatto che l’immissione di grilli e larve sul mercato alimentare “la vuole l’Europa” ed è, quindi, benedetta dal cielo.
In ogni caso, per quanto riguarda la carne sintetica, si tratta di posizioni e motivazioni politico-corporative, che durano finché durano, e quindi buone per i giornalisti e per chi voglia discuterne al bar di fronte al cappuccino: ciò che il Ministro non dice, come del resto nessun altro, è che, una volta che la carne sintetica dovesse essere legittimamente immessa sul mercato di un qualsiasi Paese membro dell’Unione europea, l’Italia non potrebbe opporsi all’importazione di quella carne, a meno di non provare, evidenze scientifiche alla mano, che la carne in questione nuoce a esigenze di interesse generale quali la tutela della salute pubblica: che è un po’ come dimostrare, mutatis mutandis, che il cosiddetto vaccino anti-Covid è efficace e sicuro.
Si tratta, per chi volesse approfondire, del famigerato “principio del mutuo riconoscimento”, che dal 1979 costituisce il cardine di quella costruzione mercantilistica e globalizzante chiamata Unione europea da cui bisognerebbe guardarsi come dalla peste bubbonica, come spiego ai miei studenti da almeno venticinque anni.
Ma la cosa più curiosa di tutta questa vicenda, che si tratti di cinghiali, di carne sintetica o di grilli, è che ogni decisione in merito è rimessa alla “scienza” da un Ministro della Repubblica che, forse per scarsa familiarità col mondo accademico, ancora ritiene, dopo l’affaire Covid, che le evidenze scientifiche siano oggettive e imparziali: e non costruite volta per volta in funzione di beceri interessi economici e di bieche strategie di controllo sociale.
Misteri della scienza.