Il 7 dicembre 2018, mentre tutti noi eravamo beatamente impegnati a farci gli affari nostri e il Covid era soltanto nella mente dei galantuomini che ne avevano già pianificato la diffusione – come confermano in questi giorni le rivelazioni circa la presenza nel virus Sars-CoV-2 di materiale genetico brevettato fin dal 2016 – il Consiglio dell’Unione europea adottava una raccomandazione dedicata al «rafforzamento della cooperazione nella lotta contro le malattie prevenibili da vaccino».
Per legittimarsi alla luce delle competenze attribuite dagli Stati all’Unione europea in materia – ahinoi! – di politica sanitaria, la raccomandazione afferma espressamente di perseguire il miglioramento della salute pubblica, con particolare riferimento «alla lotta contro i grandi flagelli, nonché alla sorveglianza, all’allarme e alla lotta contro gravi minacce alla salute a carattere transfrontaliero» (considerando 2).
Mentre per la stragrande maggioranza delle persone i «grandi flagelli» si identificano con rari eventi epocali come la peste nera o l’influenza spagnola, la raccomandazione fa rientrare nella categoria in questione tutte «Le malattie prevenibili da vaccino» (considerando 2). Ciò vuol dire, in altri termini, che dal 2018 l’Unione europea considera grandi flagelli non già le malattie che producono, ad esempio, milioni di morti in tutto il mondo, ma quelle che sono prevenibili mediante un vaccino ad hoc.
Non è difficile immaginare la gioia con cui questa raccomandazione è stata accolta dalle multinazionali del farmaco, oltreché da alcuni comparti della ricerca a livello mondiale, tanto pubblici quanto privati.
Meno facile è stato immaginare, all’epoca, talune implicazioni sociali e politiche della raccomandazione, che tuttavia la gestione del COVID ha rapidamente disvelato agli occhi di un’opinione pubblica ipnotizzata e completamente soggiogata dalla colossale opera di manipolazione mediatica delle evidenze scientifiche e dei fatti reali attuata in Italia negli ultimi due anni.
Basterà ricordare che la raccomandazione invitava gli Stati e la Commissione a cooperare per:
– elaborare e attuare piani di vaccinazione a livello nazionale e/o regionale che comprendano «un approccio alla vaccinazione sull’intero arco della vita» (punto 1);
– sviluppare la capacità delle istituzioni sanitarie di disporre di informazioni elettroniche sullo stato vaccinale dei cittadini «basate ad esempio su sistemi informativi che forniscano … dati aggiornati sulla copertura vaccinale per tutte le fasce di età» (punto 7);
– esaminare le questioni relative all’insufficiente copertura vaccinale e analizzare le opzioni per affrontarle anche valutando «la fattibilità … entro il 2020 … della creazione di una tessera comune delle vaccinazioni» (punto 9, lett. a, e punto 16).
– considerare la possibilità di «investire nella ricerca nelle scienze comportamentali e sociali sui fattori determinanti dell’esitazione vaccinale in diversi sottogruppi della popolazione e tra gli operatori sanitari» (punto 15, lett. c): là dove per «esitazione» deve intendersi, per chi non l’avesse capito, sfiducia.
È stupefacente che la raccomandazione del 2018 non sia adeguatamente valutata, e rivalutata, alla luce di quanto accaduto dal 2020 in poi. Eppure, nel 2018 erano venuti al pettine diversi nodi in materia di politica vaccinale: quattro anni prima, nel 2014, l’Italia era stata individuata come Paese capofila delle strategie vaccinali mondiali nell’ambito della Global Health Security Agenda, che a sua volta aveva visto la luce durante la “Decade dei Vaccini” indetta nel 2011 dall’OMS (il cui principale finanziatore, dopo gli Stati Uniti d’America, è la fondazione di Bill Gates); nel 2016, la Federazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCEO) si era espressa nel senso della punibilità dei medici che sconsigliassero qualsiasi tipo di vaccinazione; nel 2017 era stato adottato il controverso Decreto-Legge Lorenzin, che ha imposto ai minori fino a 16 anni l’obbligo di sottoporsi a una pletora di vaccinazioni comminando al contempo, per i casi di inadempimento, sanzioni pecuniarie fino a settemila euro, nonché l’esclusione dalla scuola primaria; il 2018 si era aperto con l’emanazione della legge 11 gennaio 2018, n. 3, recante disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie, che ha di fatto assoggettato la deontologia e l’etica medica alla ragion di Stato; e si era chiuso con l’adozione della raccomandazione qui esaminata, che anticipa tutti i punti critici della gestione politica del Covid.
Ma, soprattutto, il 2018 è stato l’ultimo anno di libertà. Forse è il caso di cominciare a ricordarselo.