In tema di vaccini anti-Covid il motto ‹divide et impera› continua a dimostrare tutta la sua attualità. Occupati come siamo a dividerci tra “NoVax” o “Freevax”, “negazionisti” o “regolisti”, “complottisti” o “buonisti”, nessuno di noi ha il tempo e il modo di capire cosa stia succedendo nella realtà.
E intanto continuiamo ad accettare violazioni dei nostri diritti costituzionali come se niente fosse, o meglio come se lo slogan “Andrà tutto bene” bastasse a dare un bel colpo di spugna al diritto alla “libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione” (art. 15 della Costituzione), o al diritto di professare liberamente la propria fede religiosa “in qualsiasi forma” (art. 19 della Costituzione), o al diritto allo studio.
Sì, anche al diritto allo studio: perché se è vero che scuole e università si sono organizzate per la famosa didattica a distanza, è anche vero che la previsione di una “scuola aperta a tutti” (art. 34 della Costituzione) si applica oggi, di fatto, solo a chi possiede una adeguata connessione a internet, la perfetta padronanza di numerosi e diversi dispositivi e, non ultimo, una postazione fisicamente idonea (cosa non sempre scontata, se ad esempio in un famiglia di 4 persone 2 lavorano in smart working e 2 studiano da remoto).
Per non parlare del diritto alla tutela della salute. I più pignoli avranno forse notato una certa, come dire, incoerenza tra la realtà di questi mesi e le previsioni contenute nell’art. 32 della Costituzione. La pandemia, infatti, non solo ha portato alla luce tutte le carenze del nostro sistema sanitario (conseguenza diretta dei tagli spregiudicatamente applicati in nome della logica, tutta europea, della concentrazione delle risorse), ma ha anche creato veri e propri “automi”: che accettano di essere trasportati in ospedale solo in casi estremi, che accettano di trascorrere la convalescenza nella propria abitazione, che accettano di essere vaccinati in massa senza che il Parlamento intervenga con una legge ad hoc, come richiesto, appunto, dalla Carta costituzionale (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”).
Ma non basta. Cosa si sa, e quanto si discute, delle controindicazioni e delle reazioni avverse del vaccino? Poco o nulla: eppure, lo stesso vice presidente delle Pfizer sostiene che il suo prodotto conterrebbe una proteina in grado di causare l’infertilità femminile a tempo indeterminato.
Sul tema della rischiosità del vaccino, anzi, sembra che sia scesa rapidamente una vera e propria congiura del silenzio. Un esempio? Poco tempo fa un’associazione italiana ha analizzato la composizione molecolare di alcuni vaccini adoperati sul territorio nazionale e ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma per denunciare le difformità tra i risultati di dette analisi e il contenuto delle schede tecniche fornite dalle case farmaceutiche.
Volete sapere come ha risposto il Pubblico Ministero? Ha chiesto l’archiviazione dell’esposto, argomentando che l’efficacia dei controlli svolti dagli organi italiani ed europei “non può essere messa in discussione dai risultati di analisi svolte da privati”. Fortunatamente, il giudice incaricato non ha accolto la richiesta di archiviazione e ha adottato un’ordinanza con cui ha disposto lo svolgimento di ulteriori indagini.
Ai silenzi proposti in sede giudiziaria si aggiungono le strategie perseguite dai media e dalla politica. Basti per tutti l’esempio del dottor Fiechtner, ematologo e parlamentare del Baden-Württemberg, che, pochi minuti dopo aver seguito un servizio televisivo che citava il collasso delle unità di terapia intensiva causato dal Covid, si è precipitato a telefonare ad alcuni colleghi ospedalieri per sincerarsi della veridicità della notizia, apprendendo così che in una delle unità citate nel servizio televisivo non c’era nemmeno un paziente affetto da Covid.
A questo punto il dottor Fiechtner ha denunciato apertamente, in Parlamento, il collegamento tra l’allarmismo diffuso dai media e le imposizioni derivanti dalla strategia anti-Covid, vaccino in testa, e ha concluso il suo intervento invitando i suoi connazionali ad esercitare “il diritto di resistere per difendersi contro un potere statale esercitato illegalmente”, diritto espressamente riconosciuto dall’art. 20, par. 4, della Costituzione tedesca.
Caspita, questa è una di quelle occasioni in cui uno si pente di non essere tedesco.