Che la “transizione ecologica” fosse una fregatura se ne erano accorti un po’ tutti.
Magari qualcuno più di altri: pensate ai pochi esemplari superstiti dei grandi rapaci notturni, che vengono sistematicamente e impunemente massacrati da quei totem postmoderni che gli iscritti al PD venerano come oggetti di culto: le pale eoliche. Oggetti inquietanti e mostruosi nella loro bruttezza, che non solo contribuiscono a distruggere ciò che resta dell’ecosistema e della biodiversità, ma che stuprano il paesaggio e assoggettano un bene pubblico (l’aria che respiriamo) all’interesse di pochi privati, con buon a pace di chi crede che la “green economy” vada a beneficio di tutti e soprattutto del Pianeta.
E’ il prezzo del progresso, direbbe qualcuno: ma resta il dubbio che la sostenibilità della tanto decantata “transizione ecologica” non sia davvero tale se qualcuno – fosse anche una famiglia di barbagianni – deve rimetterci letteralmente le penne per favorirla.
Eppure, la “transizione” continua a fare proseliti, almeno tra i creduloni che si ostinano a leggere i giornali o a guardare la televisione. Così, per esempio, si apprende che ENI (per oltre il 30% di proprietà pubblica) ha venduto a un colosso multinazionale degli investimenti, Sixth Street, il 49% di una sua controllata, Enipower (che, per inciso, è il secondo produttore di energia elettrica in Italia), allo scopo – udite udite – di “liberare risorse per la transizione energetica”.
A parte le formule da giornalismo pan-europeo con cui è stata annunciata la vendita, buone per comunicati-stampa preconfezionati in assenza di contraddittorio (del tipo: “Eni manterrà il controllo in termini operativi” ecc.), le domande che i fessi sopra citati dovrebbero porsi a questo punto sono numerose e diverse: quali saranno le vere ragioni della vendita di Enipower? Chi e in quali Paesi prenderà, d’ora in avanti, le decisioni in materia di energia elettrica rilevanti in Italia? Nell’interesse dei cittadini italiani o di altri soggetti e altre entità? Esistono collegamenti tra la cessione di una società attiva in un settore strategico come l’energia elettrica e gli improvvisi quanto astronomici rincari delle bollette degli italiani, peraltro annunciati da mesi? A chi andranno i proventi derivanti dalla cessione di Enipower? Come saranno utilizzati? Cosa diavolo significa “liberare risorse”?
E soprattutto: non sarà che, come l’immunità di gregge, la transizione ecologica si raggiunge solo a pecora?