Mentre il Presidente della Repubblica si sforza di convincere gli italiani che il cambiamento climatico è di origine esclusivamente antropica – ossia è colpa dei cittadini, che vanno di conseguenza spinti più o meno gentilmente verso comportamenti virtuosi – un simpatico velo di oblio cala sul rapporto annuale relativo alla criminalità ambientale in Italia, redato da Legambiente in collaborazione con le forze dell’ordine (“Ecomafia 2023”).
Dalla lettura del rapporto emerge che al primo posto dei reati contro l’ambiente si collocano quelli relativi al cosiddetto ciclo del cemento (abusivismo edilizio, appalti, ecc.), mentre al secondo posto troviamo i reati contro la fauna, al terzo posto i reati relativi al traffico di rifiuti e al quarto posto i reati legati a roghi dolosi o colposi. In sintesi numerica: circa 100.000 illeciti (tra reati e illeciti amministrativi), alla media di 268 al giorno (11 ogni ora), con un incremento rispetto all’anno precedente pari al 13,1% per i soli illeciti amministrativi.
E’ ovvio che parliamo di illeciti contestati ed è altrettanto ovvio che 268 contestazioni al giorno sono niente in un Paese dove milioni di cittadini gettano ogni giorno per terra il fazzoletto di carta (che ha un tempo di degradazione di 3 mesi), il mozzicone della sigaretta (da 5 a 12 anni), la lattina di birra (100 anni), le pile scariche (200 anni) o le buste di plastica (450 anni!).
Ed è ovvio che nella classifica non rientrano nemmeno quelle attività, apparentemente lecite, che invece costituiscono forme occulte e significative di inquinamento, come ad esempio la caccia: ogni anno i cacciatori seminano sul territorio, oltre alla plastica dei bossoli, circa 10.000 tonnellate di pallini di piombo, che all’ambiente – in particolare alle falde acquifere e quindi all’acqua che bevono i vostri figli – proprio bene non fa.
Forse un po’ più di informazione e di educazione del cittadino su questi temi non farebbe male: ma quando “il clima è fuori controllo” – come fanno credere alcuni galantuomini – il resto è fuffa.