Fino a qualche tempo fa le opinioni diverse dalle cosiddette verità ufficiali venivano opportunamente ignorate o derise – a seconda dei casi – dai salotti mediatici più funzionali agli interessi delle lobby tecnologiche e di mercato. Basti pensare, tra i tanti esempi possibili, al dibattito scientifico sugli effetti dei prodotti alimentari derivati dagli OGM o dell’inquinamento elettromagnetico.
Oggi, il COVID ha dato il via a un nuovo e più mirato approccio strategico: la “criminalizzazione” delle opinioni dissenzienti, opinioni che vengono apertamente combattute fino ad essere additate all’opinione pubblica quali vere e proprie minacce per la sopravvivenza stessa della comunità e delle sue singole componenti.
Chi nega l’esistenza del COVID è un negazionista, e fin qui la semantica regge. Anche perché il COVID esiste eccome, visto che un Premio Nobel ha affermato – e diversi Atenei italiani e stranieri l’hanno ribadito – che sia stato addirittura creato in laboratorio. Ma se io, da cittadino qualsiasi, aggiungo la mia opinione a quella del Premio Nobel e affermo che il COVID esiste e che è stato diffuso nell’ambiente appositamente per legittimare l’introduzione di misure restrittive delle libertà personali, passerò per negazionista o (semplicemente) per complottista?
Se i negazionisti (e a questo punto anche i complottisti) sono davvero nemici della comunità, come qualcuno è disposto a giurare, c’è da chiedersi quanto ci vorrà prima che venga introdotto il reato di negazionismo (e di complottismo), di cui però finiranno inevitabilmente per macchiarsi tutti quelli che non condivideranno o non sosterranno o non divulgheranno le verità ufficiali: a occhio e croce, direi, una buona parte della popolazione ancora dotata di intelletto e disposta a ragionare e a esprimersi in modo critico, almeno fintantoché la paura di possibili conseguenze non dovesse prendere il sopravvento.
E’ quindi evidente il rischio insito nella polemica sul negazionismo (e sul complottismo): riproporre l’olio di ricino per chi la pensa diversamente dall’opinione dominante, senza peraltro soffermarsi a investigare se l’opinione dominante sia fondata o, al contrario, capziosa. Un precedente in tal senso può essere considerata la vicenda dello scrittore Erri De Luca, rinviato a giudizio per istigazione a delinquere per avere criticato la realizzazione di un opera, come la TAV, un tantino costosa (parliamo di più di 10 miliardi di euro).
Tutta questa storia ricorda un po’ la famosa frase di Gandhi: “”Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi hai vinto”.
Le opinioni – come le evidenze scientifiche – dissenzienti sono state prima ignorate, poi derise e poi combattute. Manca, per vincere, la consapevolezza che l’autonomia intellettuale, la capacità di pensiero critico, la libertà di parola e di espressione valgono di più delle sicurezze celebrate da talune sirene.
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