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L’olocausto (delle idee)

L’olocausto non si tocca: ed è partendo da questo assioma incontestabile, inconfutabile, incontrastabile e indiscutibile che taluni ritengono di poter legittimamente calpestare fatti, idee e opinioni altrui.

E’ quanto è accaduto a Venezia, dove il presidente della locale Comunità ebraica ha chiesto e ottenuto che la prima presentazione in Italia del Rapporto di Amnesty International, intitolato “Il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza”, fosse prima annullato – apparentemente per ragioni di ordine pubblico – e poi riorganizzato sotto il titolo, simpaticamente neutrale, di “Presentazione e discussione del rapporto di Amnesty International sulla campagna militare israeliana a Gaza“.

Tenuto conto che la sede dell’incontro avrebbe dovuto essere, come in effetti è stata, quella accademica, ossia il tempio delle ipocrisie, per amore di schiettezza andiamo dritti al punto: la questione palestinese si risolverà solo con l’olocausto dei palestinesi.

Dalla Palestina al Tibet, passando per il Sahrawi, è questo il destino delle popolazioni soggiogate da altre più forti e strategicamente allineate, in barba a un principio generale di diritto internazionale, quello di autodeterminazione dei popoli, che l’ONU stessa elude sistematicamente. E questo destino è ancora più ineluttabile nel caso in esame, dove una delle due parti in causa controlla – semplicemente – il mondo intero: dalla finanza internazionale ai mezzi di comunicazione, dal cinema alla politica.

Del resto, ognuno giustifica gli olocausti come può: se Hitler definiva gli slavi “Untermenschen“, e cioè subumani, il generale israeliano che coordina le attività nei territori occupati ha affermato che, a Gaza, Israele combatte contro “animali umani”.

C’è giusto un pelo di differenza, anzi un baffetto.