Nell’ufficio di un mio amico, che la pensa come me, sono in 98: di questi, soltanto lui non si è vaccinato.
La colossale campagna di promozione del vaccino anti-Covid sta raccogliendo i suoi frutti, al di là (e al di fuori) delle evidenze scientifiche disponibili sull’efficacia e sulla sicurezza del vaccino medesimo. E il fatto che gli Azzurri reduci dalla vittoria ai campionati europei di calcio, dopo essere stati ricevuti dalle più alte cariche dello Stato appena rientrati in Italia (ma non dovevano stare in quarantena?), si presentino puntuali e compatti all’appuntamento con il richiamo vaccinale contribuisce senz’altro a fugare i dubbi degli ultimi scettici; tanto più in un Paese drogato di calcio, oltreché di politica.
Tutto ciò comporta effetti diversi e contrastanti sul piano sociale e giuridico.
Un primo effetto sarà sicuramente discriminatorio. Come farà Big Pharma (per il tramite delle norme adottate dai governi e dalle organizzazioni internazionali più sensibili alle sue lusinghe) a convincere l’amico citato in apertura a vaccinarsi? Gli impedirà di andare in vacanza? O di fare la spesa al supermercato? O di andare a prendere un caffè al bar, come sta accadendo nei Paesi che sostengono a spada tratta il “Green Pass”?
Intendiamoci: è scontato, e tutti sanno, che il risultato discriminatorio prima o poi si realizzerà. Ma è comunque stimolante riflettere sulle modalità di questa realizzazione. Al momento, infatti, il vaccino non è obbligatorio: prima di tutto perché manca quella legge ad hoc richiesta dall’art. 32 della Costituzione; e poi perché, per adottare una legge del genere, il Parlamento italiano dovrebbe apertamente contraddire la raccomandazione con cui l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha escluso la possibilità che il vaccino possa diventare, appunto, obbligatorio.
Del resto, nessuno (o quasi) parla apertamente di obbligatorietà, o di costrizione, o di coercizione. Anzi, al contrario, tutto la campagna vaccinale è stata condotta sul filo della volontarietà: più o meno spontanea, certo, magari indotta ad arte dai media o dall’esempio propiziatorio di soggetti dichiaratamente super partes; magari sostenuta da quella strategia di persuasione su cui si basa il soft power teorizzato fin dagli anni Settanta da Joseph Nye (componente della Trilaterale: sarà un caso?). E poi, in fondo, che la campagna vaccinale sarebbe stata fondata sulla persuasione, più o meno soft, lo si era capito fin da quando il Presidente Mattarella, nel suo discorso di fine 2020, aveva affermato che vaccinarsi costituiva un vero e proprio “dovere morale” (seguito a ruota nientepopodimeno che dal Sommo Pontefice).
In ogni caso, meno saranno i soggetti non vaccinati e più sarà difficile introdurre per legge l’obbligo di vaccinarsi, visto che gli atti normativi della Repubblica italiana devono avere portata generale e astratta, e cioè devono rivolgersi a destinatari non individuati né individuabili. Provate a pensare all’esempio citato in apertura e vi renderete conto di quanto sarebbe illegittima una legge che imponesse a tutti (e cioè, di fatto, solo al mio amico) l’obbligo di vaccinarsi.
C’è però un altro effetto da considerare. Ricordatevi le vecchie battaglie di civiltà – o almeno propalate come tali dai media – condotte in passato da forze politiche oggi scomparse (dopo avere assaggiato il velluto delle poltrone di governo: sarà un caso?). Dal divorzio all’aborto fino al testamento biologico, chiunque si schierava a favore di queste battaglie era ritenuto e diventava automaticamente, e acriticamente, faro di civiltà e alfiere di giustizia.
Domani, invece, c’è da scommetterlo, chi impugnasse un eventuale provvedimento che imponesse di vaccinarsi, lungi dall’essere considerato un paladino delle libertà individuali, sarà privato anche dell’aura e della dignità che – nel bene o nel male – spetta al negazionista motivato e, agli occhi dei suoi colleghi di lavoro tutti diligentemente e volontariamente vaccinati, passerà solo e soltanto per un rompicoglioni.