Divieto di manifestare, lockdown “selettivi”, minacce ricatti e intimidazioni che vanno dall’obbligo vaccinale alla perdita della pensione fino all’esclusione dalle cure sanitarie: per tacere del fatto che, chi non ha il famigerato Green Pass, è già fuori dall’istruzione e dal lavoro.
Anche un marziano appena sbarcato sulla Terra si renderebbe conto che una strategia così pervicacemente persecutoria nei confronti dei non vaccinati cela, in realtà, qualcosa di diverso rispetto alla tanto sbandierata salvaguardia della salute collettiva.
Quelli che pretendono di essere più furbi, o più smaliziati, risolvono la questione tirando sbrigativamente in ballo i risvolti finanziari dell’affaire Covid: come quelli rappresentati, ad esempio, dai 26 miliardi di euro fatturati dalla Pfizer grazie all’immissione in commercio del cosiddetto “vaccino” a base mRNA.
Ma l’avidità di profitto, in questa vicenda, non è il fine. I vaccini, infatti, servono a ben altro: e prima di ogni altra cosa servono a manipolare il genoma umano, come ha candidamente ammesso in questi giorni un membro del Board della Bayer.
Gli scopi di questa manipolazione sono molteplici e vanno dalla modifica dell’identità genetica e germinale dell’uomo, con le derive transumane o postumane ad essa connesse, all’introduzione di nuovi modelli antropologici e di aggregazione sociale, dove la titolarità e l’esercizio dei diritti individuali (salute, istruzione, lavoro, proprietà) saranno subordinati al “permesso” elargito, più o meno graziosamente, da qualcuno o da qualcosa. Qualcuno o qualcosa che ancora ci ostiniamo a chiamare Stato, ma che in realtà, da almeno vent’anni, non è nient’altro che lo lo spin-off di conglomerati finanziari multinazionali: risultato di cui, non dimentichiamolo, dobbiamo essere grati anzitutto all’Unione europea.
Tutto ciò è stato accelerato dalla cosiddetta pandemia e dalla tempesta mediatica ad essa collegata, alimentata ad arte allo scopo di seminare il terrore nella popolazione, di emarginare fino a criminalizzare le opinioni minoritarie e dissenzienti, di fomentare l’odio sociale, di violare in modo sistematico principi generali della bioetica e del biodiritto, faticosamente codificati da strumenti giuridici e deontologici che sembrano appartenere a ere geologiche lontanissime: dal principio del consenso informato al principio di precauzione, dal principio di non maleficenza al principio di equità di accesso alle cure sanitarie.
I responsabili di tutto ciò, un giorno, pagheranno. Nessuno sfuggirà, ammoniva un film di André De Toth del 1944 intitolato, appunto, “None Shall Escape”. Protagonista del film era Marsha Hunt, che oggi, a 104 anni compiuti, di cose da ricordare ne ha: dal processo di Norimberga preconizzato dal film di De Toth e da lei stessa interpretato, che dopo la guerra perseguì effettivamente i vertici politico-militari del nazismo; alla “caccia alle streghe” scatenata dalla Commissione per le attività antiamericane promossa dal senatore Joseph McCarthy, che nella prima metà degli anni Cinquanta alimentò in America una campagna d’odio sociale di cui, alla fine, avrebbe fatto le spese proprio il suo promotore.
Nessuno sfuggirà.