Non c’è niente da dire, negli Stati Uniti d’America sono proprio avanti. Tanto avanti che guardano indietro per riscoprire il lato pratico e strumentale della locuzione latina riportata nel titolo di questo post.
Secondo le notizie riportate dalla stampa italiana, infatti, sono cinque gli Stati nordamericani che hanno legalizzato il “compostaggio umano”. Partendo dai soliti dati scientifici incontestabili, inoppugnabili e incontrovertibili, secondo cui la cremazione inquinerebbe troppo, le amministrazioni – guarda caso democratiche – di quegli Stati hanno prontamente individuato la soluzione: mettiamo i cadaveri sottoterra in bare metalliche traforate a contatto con tanti bei trucioli di legno e, oplà, in un mesetto la cara nonnina diventa una bella zolla di concime.
Ora, di fregnacce in giro se ne sentono tante, soprattutto in tempi, come quelli correnti, di cancel culture, insetti a colazione e transumanesimo a oltranza: quindi, una in più o una in meno, non dovrebbe fare molta differenza.
Il fatto è, però, che il “compostaggio umano” – Dio, che orrore! – a me ricorda molto da vicino la trama di un film cult degli anni Settanta, Soylent Green (il cui titolo italiano era – neanche a farlo apposta – 2022: i sopravvissuti), in cui l’unico cibo rimasto a disposizione di una umanità post-tecnologica e post-consumistica è, appunto, il Soylent: una specie di galletta composta in apparenza di plancton, ma in realtà, come si scoprirà alla fine del film, fatta con i cadaveri di chi accetta il suicidio assistito e l’eutanasia di Stato.
Dal compost al cibo, e viceversa, il passo è breve. E come al solito la realtà supera la finzione cinematografica, perché il “compostaggio umano”, sostituendo al culto dei morti la strumentalizzazione estrema del corpo umano, cancella ogni pietà che gli uomini provano verso i defunti, ogni memoria dei propri congiunti, ogni credenza relativa al destino dell’anima, ogni speranza di aldilà e di vita futura, ogni barlume di civiltà.
E ovviamente azzera il nucleo centrale della morale tradizionale, con buona pace del mos maiorum.