“Robot che costruiscono robot … è una cosa stupida” scriveva Isaac Asimov nel 1950. Oggi, invece, l’innovazione tecnologica fa sì che camion e treni automatizzati, che percorrono migliaia di chilometri al giorno senza alcuna necessità di un diretto intervento da parte dell’uomo, siano a loro volta gestiti, controllati, assistiti e riparati da droni automatizzati (e al diavolo autisti, controllori, meccanici, gommisti, elettrauti che mangiano, dormono, vanno al bagno, esigono cambi turni, ferie, festività e diritti sindacali).
A giudicare dalla rapidità del progresso tecnologico – o almeno da ciò che i media riferiscono in proposito – tra non molto i robot saranno lieti di sollevarci dalle incombenze più svariate.
E allora è il caso di chiedersi: potremo goderci questo ozio forzato? di cosa vivranno i nuovi disoccupati? le macchine percepiranno uno stipendio? Se la risposta è no, come dovrebbe essere evidente, sarà lecito attendersi una rivoluzione dei sistemi fiscali, previdenziali, sanitari e assistenziali? E il miglioramento generalizzato dello stile di vita delle società avanzate, di cui parlano i fautori del progresso dell’automazione, produrrà una crescita esponenziale della popolazione con conseguente corsa all’accaparramento delle sempre più scarse risorse necessarie per la sopravvivenza?
Se pensate che tutto ciò avverrà in un lontano futuro, vi sbagliate. Pensate per un momento al termine Smart Working. Vi dice qualcosa? Ma sì, il famoso “lavoro agile”, che milioni di persone in tutto il mondo svolgono da più di un anno nelle loro case e che ha trasformato, in un lampo, il focolare domestico da tradizionale luogo di riposo e di privacy in luogo di lavoro, di studio, di aggregazione e di condivisione: dal professore che pontifica in vestaglia con la tazza di caffè in mano ai dipendenti aziendali che scacciano gatti e bambini dal tavolino della cucina su cui troneggia il monitor. E che ha contribuito a consolidare l’immagine del cittadino-tecnotronico.
Un esempio? In quest’anno di pandemia si è osservata un’impennata esponenziale dell’e-commerce e del delivery e non è difficile immaginare nel prossimo futuro, al posto di persone, robot intenti a selezionare prodotti (fabbricati da robot) da spedire (grazie a magazzinieri e corrieri robot) alla casa-ufficio di consumatori metà uomo e metà schermo, che lavorano, studiano, giocano, comunicano, mangiano, amano e vivono per 16 ore al giorno di fronte al computer.
In Tempi Moderni del 1936, Chaplin proponeva la sua visione dell’alienazione nelle fabbriche, dell’intercambiabilità degli individui, della parcellizzazione dei compiti e del sopravvento delle macchine. Ma i nostri “tempi contemporanei” sono ancora peggio, come dimostra la vicenda Covid: disoccupazione di massa, povertà crescente, controllo capillare (grazie alla tecnologia) dei cittadini, azzeramento dei diritti e delle libertà fondamentali, trasformazione dell’antropologia umana.
Un ultimo interrogativo: dopo l’esubero del personale, l’avvento dei robot causerà anche l’esubero delle persone? Al momento forse no, visto che un effetto – forse non del tutto involontario – dei vaccini anti-Covid è quello di ridurre la fertilità e di contenere, conseguentemente, la crescita demografica mondiale. Ma, in prospettiva, ad estinguersi non saranno certo i robot, immuni al Covid e liberi dall’obbligo di vaccinarsi.