Con la (scontata) benedizione dei media, che già tessono le lodi della nuova “Santa Alleanza”, il cartello sui vaccini delle multinazionali farmaceutiche prende corpo nel pieno della rinnovata emergenza COVID, che il governo dell’Uomo della Provvidenza ha prolungato fino al prossimo mese di aprile.
Come tutti i cartelli, per definizione incompatibili con una sana e libera concorrenza, anche quello sui vaccini condurrà all’uniformazione delle politiche commerciali e delle strategie di mercato, a tutto vantaggio delle imprese che già si trovano in posizione dominante: la solita vecchia storia dell’acqua che va al mare. Brutta cosa, direte voi, e in effetti non è il massimo; ma si tratta comunque di una passeggiata di salute rispetto agli altri rischi di cui poco o nulla si dice quando si parla del presunto vaccino anti-Covid.
Quali? E’ presto detto: la Santa Alleanza di cui sopra porterà per mano le multinazionali farmaceutiche a far convergere le linee di ricerca e di sperimentazione verso la tecnologia mRa, su cui si basa questo cosiddetto vaccino.
Che vaccino non è. Infatti, mentre i vaccini veri e propri, come noto, contengono l’agente patogeno “indebolito” quel tanto che basta per stimolare il soggetto ricevente a produrre gli anticorpi necessari per combattere la patologia, il presunto vaccino anti-Covid è a tutti gli effetti una terapia sperimentale, che – almeno nelle intenzioni – dovrebbe combinarsi col DNA del soggetto ricevente e indurre l’organismo di quest’ultimo a generare delle proteine specifiche (le proteine Spike), che a loro volta dovrebbero essere in grado di fornire una risposta immunitaria.
Troppi condizionali, vero? Ma che volete farci, ve l’abbiamo detto che si tratta di una terapia sperimentale che utilizza una tecnica di ingegneria genetica mai testata prima sull’uomo e di cui, ovviamente, non si conoscono gli effetti nel medio e lungo periodo.
E per fortuna di Big Pharma che c’è il Covid, così tra un po’ questi effetti li conosceremo.